Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno IV – Numero 556 AVVISO Ordine 1. Crisi occupazionale: Istituito un fondo di solidarietà per i colleghi iscritti all’ albo in stato di disoccupazione Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Vuoi smettere di fumare? Controlla in quanto tempo metabolizzi la nicotina 3. Quali terapie per il sarcoma dei tessuti molli? Quanto si guarisce? Prevenzione e Salute 4. Rughe sul collo? Tutta colpa della postura da smartphone e tablet 5. Depurarsi dopo le feste: così si dimagrisce con l'acqua 6. Bruciore e tosse: quando gli acidi risalgono dallo stomaco Curiosità e Salute 7. falsi miti della salute Martedì 13 Gennaio 2015, S. Ilario, Eliana Proverbio di oggi……….. O barbiere te fa bello, 'o vino te fa guappo e 'a femmena te fa fesso Il barbiere ti rende bello, il vino coraggioso e la donna ti rende stupido RUGHE SUL COLLO? TUTTA COLPA DELLA POSTURA DA SMARTPHONE E TABLET Il cosiddetto «tech neck» è un problema che colpisce soprattutto le donne tra i 18 e i 39 anni che guardano i dispositivi digitali fino a 150 volte al giorno Se guardandosi allo specchio ci si accorge di avere il collo segnato da profonde rughe, l’indiziato principale dell’inestetismo è il dispositivo «hi tech» a cui siamo più affezionati: lo smartphone o il tablet. È infatti - secondo lo studio di un gruppo di dermatologi - il costante sguardo allo schermo, spesso tenuto molto più in basso rispetto alla linea dello sguardo, a causare queste rughe che colpiscono soprattutto le donne tra i 18 e i 39 anni. Sono le «tecno-dipendenti», che leggono e controllano i dispositivi in piedi fino a 150 volte al giorno, piegando la testa verso lo schermo. Rilassamento cutaneo: Una postura che, alla lunga, causa i segni sul collo. Secondo gli esperti questa costante flessione porta ad un rilassamento cutaneo nella zona del collo, le guance tendono a scendere e si forma una piega sopra la linea delle clavicole: una condizione che i dermatologi hanno ribattezzato «tech-neck». «Il problema delle rughe sul collo, legato a un eccessivo utilizzo di tablet e smartphone, è aumentato negli ultimi 10 anni e sta diventando insidioso sopratutto per le donne giovani». (Adn-Kronos Salute) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 556 PREVENZIONE E SALUTE DEPURARSI DOPO LE FESTE: COSÃŒ SI DIMAGRISCE CON L'ACQUA Eliminando scorie e tossine prepara l'organismo a rispondere meglio alla dieta Non solo dieta: per smaltire i chili accumulati durante le feste natalizie bisogna prima di tutto depurarsi. A raccomandare questo approccio è l'esperto idrologo dell'Osservatorio Sanpellegrino Alessandro Zanasi, docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bologna, secondo cui il concetto di “depurazione” non è una pura credenza popolare, ma ha precise base scientifiche ed è il prologo a una dieta dimagrante. L'esigenza di rimettersi in forma dopo le feste è avvertita dagli italiani in tutta la penisola. A dimostrarlo sono le statistiche riguardanti i termini di ricerca più utilizzati sul web: nei primi 10 giorni dell'anno la parola “dieta” raggiunge un picco secondo solo a quello registrato nei mesi che precedono l'estate. Le 5 Regioni in cui vengono fatte più ricerche per trovare un modo per dimagrire dopo le vacanze di Natale sono Calabria, Sicilia, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Lazio. A fronte di questa situazione, Zanasi spiega che “il modo migliore per tornare al peso forma dopo i peccati di gola che ci siamo concessi durante le feste è, prima ancora che iniziare una dieta, idratarsi nel modo più corretto, depurando l’organismo. Per raggiungere questo obiettivo – precisa l'esperto – l’acqua si rivela ancora una volta un “alleato” prezioso”. Infatti è proprio nell'acqua che sono disciolte le sostanze nocive, le scorie e i minerali inorganici che vengono prodotti dall'organismo nella trasformazione degli alimenti e dell'ossigeno in nutrimento ed energia e che vengono eliminate attraverso le urine e il sudore. Una corretta idratazione favorisce quindi una facile depurazione da queste sostanze, mente una carenza di acqua costringe reni e ghiandole sudoripare a un sovraccarico che a lungo andare risulta dannoso. “Un corpo già depurato – avrà molte più chance di rispondere al meglio ad un regime alimentare sano, vario ed equilibrato”. Per questo è consigliabile berne almeno 1,5-2 litri al giorno, con un piccolo accorgimento: assumerne 2 bicchieri, calda, a digiuno. In questo modo si favorirà ulteriormente l'eliminazione delle tossine. (salute, Sole 24ore) FALSI MITI DELLA SALUTE I precetti popolari in difesa della salute sono radicati. E ne nascono di nuovi in continuazione. Sono sensati? Spesso no. Ecco qualche esempio. Abitudini da rivedere: per fare un prelievo di sangue occorre essere a digiuno. Da anni, medici e pazienti osservano disciplinatamente questo divieto. Ma è necessario? In realtà sono state condotte alcune ricerche molto rigorose che hanno dimostrato l'inutilità di questo diktat. I globuli rossi, il ferro, l'acido urico e molti altri composti del sangue, ma anche la percentuale di zuccheri e proteine nelle urine rimangono agli stessi livelli anche dopo un pranzo. Anche il tasso di colesterolo non sembra subire l'influenza degli alimenti. Non è il caso invece degli zuccheri nel sangue - la glicemia - e dei trigliceridi, gli zuccheri legati ai grassi. I loro valori possono cambiare in funzione dell'ora dell'ultimo pranzo. (Focus) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 556 SCIENZA E SALUTE QUALI TERAPIE PER IL SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI? QUANTO SI GUARISCE? Le differenze tra i vari sarcomi, la gravità, come curarsi e le probabilità di guarigione Hanno da poco diagnosticato a mio fratello, che ha solo 27 anni, un sarcoma sinoviale a una coscia. A casa siamo tutti terrorizzati, anche perché temiamo che lui abbia a lungo trascurato il «bozzo». Gli oncologi ora stanno facendo i controlli, prima di procedere all’operazione. Ci hanno spiegato che questo è un tumore raro, «tipico» dei giovani e che oggi spesso non serve fare grandi interventi e che le probabilità di guarigione sono buone. Ma è vero? Peraltro, non ci hanno detto se dovrà fare chemio o radioterapia. Ci sa dire qualcosa di più? Risponde Armando Santoro, direttore del Cancer Center all’Istituto Humanitas di Milano e direttore scientifico dell’Accademia nazionale di Medicina Raro non significa incurabile. Almeno nel caso dei sarcomi dei tessuti molli, tumori che insorgono nel tessuto connettivo dell’organismo: muscoli, cartilagini, vasi, tessuto adiposo. I sarcomi si manifestano soprattutto negli arti e nel tronco, più raramente in organi quali stomaco, rene, vescica, utero, mammella. Il sarcoma sinoviale è una delle oltre cinquanta varianti dei sarcomi dei tessuti molli. Nella maggioranza dei casi i sarcomi non causano sintomi particolari fino a quando la massa, crescendo di volume, provoca dolore o sintomi da compressione di organi o tessuti circostanti. Una corretta diagnosi, tramite biopsia, è fondamentale per definire l’esatta tipologia e il grado di aggressività della malattia. Per i sarcomi il «gold standard» terapeutico è la chirurgia, molto specialistica, che deve ottenere la rimozione radicale del tumore con margini di resezione nel tessuto sano, preservando il più possibile le funzionalità soprattutto negli arti. Prima dell’intervento è indispensabile eseguire accurati controlli per verificare lo stadio della malattia: Tac e Rmn della sede del tumore per evidenziarne la diffusione locale, Tac del torace e addome per escludere la presenza di metastasi (nel polmone in caso di sarcomi degli arti, nel fegato nelle forme addominali). Radioterapia e chemioterapia integrano la chirurgia per una cura più radicale. Dopo l’intervento viene effettuata quasi sempre la radioterapia a livello locale, a esclusione di forme piccole, superficiali e a scarsa aggressività, mentre il ruolo della chemioterapia precauzionale postoperatoria ai fini della riduzione del rischio di ricaduta non è ben definito, al di fuori di forme molto aggressive. In casi particolari, con masse voluminose che infiltrano organi vicini, l’intervento viene preceduto da un trattamento preoperatorio per ridurre la massa tumorale facilitandone la successiva asportazione. Nelle forme metastatiche, così come nelle recidive locali, un ulteriore intervento chirurgico, se radicale, permette la guarigione definitiva in circa un terzo dei casi. In alcune forme a bassa malignità, quali il liposarcoma retroperitoneale, può esservi indicazione a ripetuti interventi di asportazione delle recidive. Nelle forme metastatiche non operabili, invece, l’approccio è esclusivamente chemioterapico, anche se ultimamente è stata evidenziata l’efficacia di nuovi farmaci biologici. Come accade sempre (non solo in medicina), l’esperienza è fondamentale: sia per l’abilità dei chirurghi che per le decisioni che si dovranno intraprendere. Affidarsi a un centro di riferimento, che conosca bene questi tumori rari, è molto importante. Complessivamente le probabilità di guarigione, soprattutto nelle forme degli arti, superano il 70% dei casi. Se non si ottiene una guarigione definitiva le prospettive di sopravvivenza a lungo termine sono comunque buone. (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 556 PREVENZIONE E SALUTE BRUCIORE E TOSSE: QUANDO GLI ACIDI RISALGONO DALLO STOMACO Oltre un terzo degli italiani soffre di reflusso gastroesofageo almeno una volta al mese. L'esperto Roberto Penagini, spiega come affrontarlo. Il reflusso gastroesofageo è un disturbo molto frequente nella popolazione e anche molto fastidioso. Roberto Penagini, professore associato di Gastroenterologia e responsabile del servizio di endoscopia digestiva all'Ospedale Maggiore Policlinico di Milano) spiega come affrontarlo con terapie mirate ma anche facendo attenzione allo stile di vita. La malattia da reflusso gastroesofageo (Mrge) è un problema diffuso. Oltre un terzo degli italiani ne soffre almeno una volta al mese. Il disturbo si ha quando gli acidi dallo stomaco risalgono lungo l’esofago, bagnando, infiammando e corrodendo alla lunga le sue pareti. SINTOMI- Bruciore di stomaco o dietro lo sterno, acidità, rigurgito, senso di digestione lenta e faticosa, sono i sintomi tipici del reflusso gastrico esofageo. Quelli atipici, che si manifestano nel 15% dei pazienti, sono tosse stizzosa, sensazione di un corpo estraneo in gola, difficoltà a deglutire, eruttazioni, dolore al petto, disfonia e raucedine. CAUSE- All’origine sembra esserci un difetto nel funzionamento del cardias, la valvola che separa l’esofago dallo stomaco. Spesso è provocato dalla presenza di un’ernia iatale, ossia la risalita verso il torace di parte dello stomaco attraverso lo iato (quel forame del diaframma attraverso cui l’esofago si unisce allo stomaco). DIAGNOSI- All’endoscopia, in grado di accertare solo i casi di malattia erosiva (più rara), si preferisce un test che prevede la somministrazione per due settimane di farmaci specifici, gli inibitori della pompa protonica: se i sintomi scompaiono la diagnosi è confermata. Altri esami diagnostici a disposizione sono, la pH impedenzometria, la manometria esofagea e l’esofagogastroduodenoscopia. Quest’ultimo esame consiste in una sonda munita di telecamera che, inserita dalla bocca, consente al medico di guardare all’interno di esofago, stomaco e duodeno, rilevando l’eventuale presenza di lesioni dovute all’acido. STILI DI VITA- Uno stile di vita corretto è in grado di ridurre la sintomatologia nel 20-30% dei casi. Il primo consiglio è di non sovraccaricare lo stomaco. Dunque l’ideale è fare cinque pasti al giorno, con due spuntini frapposti tra colazione, pranzo e cena, per evitare il consumo di porzioni abbondanti, cercando di mangiare lentamente, masticando molto i cibi. Da ridurre gli alimenti che possono peggiorare il reflusso gastroesofageo, come gli agrumi, i pomodori, i latticini, il cioccolato, gli alcolici, il tè e il caffè. Bisogna poi evitare subito dopo i pasti:  di mettersi a dormire;  di eseguire sforzi fisici;  di indossare vestiti e cinture troppo stretti. È consigliabile invece dormire con la testata del letto rialzata (nei casi indicati dal medico). TERAPIE- Nella grande maggioranza dei casi si ottengono buoni risultati con gli inibitori della pompa protonica, che riducono la quantità di acido nello stomaco, e vanno in genere assunti per lunghi periodi, stabiliti dal medico. Nei rarissimi casi di mancata risposta ai farmaci, si rimodella la giunzione gastroesofagea con un intervento per l’ernia iatale. (Ok, Salute e Benessere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 556 SCIENZA E SALUTE VUOI SMETTERE DI FUMARE? CONTROLLA IN QUANTO TEMPO METABOLIZZI LA NICOTINA I tempi di assorbimento della sostanza che crea la dipendenza, alla base della scelta della corretta terapia. Più è lenta la metabolizzazione, più aumenta la possibilità di successo Dimmi come metabolizzi la nicotina e ti dirò come smettere di fumare. Potrebbe essere questo il segreto per dire addio alle "bionde". Ad affermarlo è uno studio pubblicato sulle pagine di The Lancet Respiratory Medicine. La velocità con cui si smaltisce la sostanza che crea dipendenza sembrerebbe essere un parametro cruciale per scegliere la terapia più appropriata. COSI’ IL CORPO ELIMINA LA NICOTINA : Chi ha provato lo sa bene: smettere di fumare è tutt’altro che una passeggiata. I buoni propositi di inizio anno spesso si infrangono dopo solo poche settimane. In particolare il periodo critico è quello delle prime 24 ore dopo aver spento l’ultima sigaretta. Irritabilità, nervosismo e mancanza di “qualcosa” sono solo alcune delle sensazioni che si provano. Una mancanza dovuta in gran parte alla nicotina, la sostanza contenuta nelle sigarette che crea forte dipendenza. Questa, a seconda delle caratteristiche genetiche della persona, viene metabolizzata ed eliminata dal corpo ad una velocità variabile. SE SI METABOLIZZA VELOCEMENTE SARÀ PIÙ DIFFICILE SMETTERE: Partendo proprio da questa caratteristica i ricercatori della University of Pennsylvania (Stati Uniti) hanno valutato quale rimedio è più efficace nello smettere di fumare in relazione alla velocità di metabolizzazione. Precedenti studi hanno mostrato che oltre il 60% della popolazione metabolizza la sostanza in maniera molto veloce. Ciò viene rilevato attraverso il monitoraggio del parametro NMR,ovvero la quantità libera di nicotina a livello sanguigno in seguito ad una sigaretta. Questa, secondo gli studiosi, sembrerebbe essere la ragione della difficoltà nello smettere. Chi metabolizza lentamente infatti ha maggior successo nel porre fine al vizio. LE TERAPIE DEVONO ESSERE MIRATE E PERSONALIZZATE : Come spiega la professoressa Caryn Lerman, una delle autrici dello studio, «oltre 65%dei fumatori che tentano di smettere fallisce entro la prima settimana». Fallimento che potrebbe essere dovuto anche al tipo di terapia seguita. Tra le più utilizzate vi sono il cerotto alla nicotina e il farmaco vareniclina. Per comprendere come somministrare la giusta “cura” gli scienziati statunitensi hanno reclutato oltre 1200 partecipanti -metà metabolizzatori normali e metà lenti- ai quali sono state somministrate le diverse terapie. Dalle analisi è emerso che nel gruppo dei “normali” la terapia migliore è quella a base di vareniclina. In queste persone le probabilità di smettere sono risultate doppie rispetto al trattamento con cerotto. Al contrario i “metabolismi lenti”, pur avendo le stesse chanches con entrambi i metodi, risentono meno degli effetti collaterali scegliendo il cerotto. (Salute, La Stampa)

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