Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno III – Numero 530 Venerdì 28 Novembre 2014, S. Giacomo della Marca AVVISO Proverbio di oggi……….. Ordine 1. Campagna antinfluenzale 20142015 2. Crisi occupazionale: Istituito un fondo di solidarietà per i colleghi iscritti all’ albo in stato di disoccupazione Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Per il tumore che non lasciava scampo ora si spera nella guarigione 4. Gravidanza, l'acido folico riduce il rischio di partorire neonati sottopeso 5. Colesterolo ancora verso il basso Rerimmo e pazziammo, e 'a tabbacchera nun 'a tuccammo (Ridiamo e scherziamo, ma non tocchiamo la tabacchiera) ORDINE: CORSI ECM GRATUITI DATA E SEDE TITOLO Venerdì 28 Novembre, ore 9.00 Ordine Farmacisti - NA Via Toledo 156 Sabato 29 Novembre, ore 9.00 Ordine Farmacisti - NA Via Toledo 156 CREDITI FARMACI OPPIOIDI Aspetti normativi, clinici e economici (Corso accreditato per Farmacisti, Farmacia ospedaliera e Territoriale) IL RUOLO DEL FARMACISTA: Responsabilità Civili, Penali e Amministrative ID 47-738 4 5 IL RUOLO DEL FARMACISTA nella distribuzione dei farmaci oncologici e PHT Chairman della sessione: Dott. Mariano FUSCO Prevenzione e Salute 6. Aifa vieta utilizzo per due lotti del vaccino antinfluenzale "Fluad" di Novartis. 7. Il caffè aiuta la memoria: cinque al giorno possono prevenire l'Alzheimer AIFA vieta utilizzo per due lotti del vaccino antinfluenzale "FLUAD" di Novartis. La decisione è stata presa, a titolo cautelativo, a seguito delle segnalazioni di 4 eventi avversi gravi o fatali (i decessi sono 3), verificatisi in concomitanza temporale con la somministrazione di dosi provenienti dai due lotti 142701 e 143301 del vaccino antinfluenzale. Si è ora in attesa di disporre degli elementi necessari, tra i quali l’esito degli accertamenti sui campioni già prelevati, per valutare un eventuale nesso di causalità con la somministrazione delle dosi dei due lotti del vaccino. L'Aifa ha invitato i pazienti che abbiano in casa confezioni del vaccino Fluad a verificare sulla confezione il numero di lotto e, se corrispondente a uno di quelli per i quali è stato disposto il divieto di utilizzo, a contattare il proprio medico per la valutazione di un'alternativa vaccinale. L'Ente ha inoltre specificato che i tre eventi ad esito fatale hanno avuto esordio entro le 48 ore dalla somministrazione delle dosi dei due lotti del vaccino. SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 530 SCIENZA E SALUTE PER IL TUMORE CHE NON LASCIAVA SCAMPO ORA SI SPERA NELLA GUARIGIONE Tanti diversi farmaci a disposizione che funzionano, anche meglio se combinati fra loro, nei pazienti con metastasi. E la sopravvivenza dei malati si allunga di anni Con 12mila nuove diagnosi ogni anno in Italia, il melanoma, la forma più aggressiva di tumore della pelle, è in costante aumento. Circa un terzo dei pazienti ha meno di 50 anni quando scopre la malattia e in poco più del 10% dei casi totali (all’incirca 1800 persone) la malattia viene scoperta quando è già in uno stadio avanzato e sono presenti metastasi in uno o più organi. «La situazione di questi pazienti è complicata - spiega Paolo Ascierto, oncologo della Fondazione Pascale Istituto Nazionale Tumori di Napoli. Ma se fino a pochi anni fa non potevamo dare loro speranze, oggi la situazione si è completamente ribaltata e sono disponibili farmaci efficaci che ci fanno sperare di poterli guarire. Tanto che ci stiamo chiedendo, in determinati casi, se non sia il caso di sospendere le cure in atto da anni, senza che la malattia si ripresenti, e vedere se non sia possibile sottoporre i malati solo a dei controlli». Fondamentale, per avere possibilità di guarigione completa, è la diagnosi precoce: nei asimmetrici, con bordi frastagliati, con un colore strano o che cambia nel tempo, con dimensioni grandi e che crescono vanno subito sottoposti all’attenzione del dermatologo. Le cure: prima la chirurgia, poi i farmaci, che possono essere mixati fra loro La terapia adeguata per ogni singolo caso va individuata sulla base di alcuni parametri come la sede della lesione, lo stadio, l’età e lo stato di salute del paziente. Alla base delle cure c’è sempre l’asportazione chirurgica, la cui entità dipende dallo stadio del tumore, e a cui si può associare (se ritenuto necessario) la valutazione del “linfonodo sentinella”, ovvero la prima ghiandola linfatica “in contatto” con il tumore che quindi riceve linfa ed eventuali cellule noeplastiche dalla lesione. Se il linfonodo sentinella mostra di contenere cellule cancerose vengono asportati tutti i linfonodi dell’area ed è molto probabile che il tumore abbia già dato luogo a metastasi, perché il melanoma si diffonde rapidamente. «Per questo - i pazienti con linfonodi positivi (stadio III) vengono trattati anche con terapie mirate o radioterapia. I melanomi di stadio IV, poi, sono molto difficili da curare: anche in questo caso si procede comunque asportando chirurgicamente le metastasi operabili e fornendo una terapia di supporto con farmaci mirati o con la classica chemioterapia». I pazienti di stadio III e IV, data la gravità della malattia, possono essere trattati anche con fattori in grado di stimolare il sistema immunitario del paziente a reagire contro il tumore o, in caso di presenza di mutazioni del gene BRAF, con farmaci che inibiscono l’attività delle proteine “guidate” da questa mutazione. Infine, durante l’ultimo Congresso Europeo di Oncologia Medica 2014 è emerso che combinando alcune terapie fra loro si riescono ad ottenere risultati persino migliori: nel ridurre il rischio che il tumore progredisca, nell’allungare la a sopravvivenza generale e quella libera da progressione di malattia. «Le combinazioni di farmaci funzionano meglio perché vanno a colpire geni differenti o punti differenti della “catena” di trasformazione cancerosa delle cellule, come ad es. BRAF o MEK - aggiunge Ascierto -. È un po’ come accerchiare un nemico o colpirlo su più fronti, utilizzando armi differenti». PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 530 Una mutazione genetica presente nella metà dei pazienti metastatici Dopo 30 anni senza novità significative l’anno di svolta, nella terapia del melanoma in fase avanzata, è il 2010 quando finalmente si registra con l’arrivo di ipilimumab un miglioramento della sopravvivenza dei pazienti metastatici, fino ad allora confinata a pochi mesi. Oggi, con lo stesso medicinale, le sperimentazioni dimostrano che si può arrivare anche a 10 anni dalla diagnosi e altri farmaci si sono rivelati efficaci in differenti sottogruppi di malati. Tra questi c’è dabrafenib, di cui si è parlato in un incontro recentemente organizzato a Milano, un inibitore del gene BRAF che codifica per una proteina mutata in un’elevata percentuale di pazienti con melanoma. E’ proprio per questa alterazione genetica che le cellule tumorali si replicano più velocemente e soprattutto perdono il meccanismo dell’apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata. Dabrafenib si lega alla proteina BRAF mutata inibendo l’esito della mutazione BRAF V600, che si osserva in circa il 50% dei casi di melanoma. «Per noi clinici si tratta di un’opportunità terapeutica importante nella lotta a una forma tumorale che, negli ultimi anni, ha visto sviluppare trattamenti che hanno modificato l’aspettativa di vita dei pazienti con melanoma avanzato. Con dabrafenib possiamo parlare di terapia personalizzata e offrire una cura ai pazienti che presentano la mutazione BRAF V600, tenendo sotto controllo la malattia anche dopo i tre anni di trattamento». (Salute, Corriere) SCIENZA E SALUTE GRAVIDANZA, L'ACIDO FOLICO RIDUCE IL RISCHIO DI PARTORIRE NEONATI SOTTOPESO E' il risultato di uno studio inglese che ha esaminato oltre 108mila donne inglesi con una età materna media di 28,7 anni e corporatura normale Assumere acido folico durante la gravidanza riduce non solo le malformazioni congenite del feto, ma anche la possibilità di partorire bimbi sottopeso alla nascita. E' quanto emerge da uno studio condotto da un team di ricercatori del Sandwell and West Birmingham Hospitals. Il basso peso del bambino è un indice di rischio associato ad un aumento della mortalità neonatale e di malattie croniche in età avanzata, come il diabete, l'ipertensione, l'obesità e problemi di salute mentale. I risultati della ricerca mostrano che la proporzione complessiva di neonati con un peso alla nascita sotto il decimo percentile (ovvero quando il 90% dei neonati presenta un peso alla nascita superiore, mentre soltanto il 10% fa registrare valori inferiori), era del 13,8% tra le donne che avevano assunto acido folico durante la gravidanza. Tra quelle che non avevano integrato il folato nella dieta, invece, la percentuale saliva al 16,3%. Se l'integrazione della sostanza era iniziata prima del concepimento, la prevalenza di peso alla nascita inferiore al decimo percentile scendeva al 9,9%. "I risultati di questo studio - commenta John Thorp, vicedirettore del International Journal of Obstetrics and Gynaecology che ha pubblicato lo studio - sono di particolare importanza in quanto il peso troppo basso è noto per essere associato a conseguenze nel breve e lungo termine e al momento non ci sono opzioni di trattamento preventive". (Salute, Tgcom24) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 530 SCIENZA E SALUTE COLESTEROLO ANCORA VERSO IL BASSO Un nuovo studio auspica valori inferiori rispetto a quelli attualmente considerati desiderabili. Le indicazioni per ora valide sopratutto per chi ha già subito infarti o ictus Colesterolo Ldl, il grasso «cattivo» che circola nei nostri vasi sanguigni e che se in eccesso può causare trombi e occlusioni. Può causare infarti e ictus, letali o invalidanti se non si interviene nel giro di ore. Subito viene in mente una soluzione: eliminiamolo, lasciamo solo il grasso «buono», l’Hdl. Non è così semplice: seppur cattivo, l’Ldl è utile (se non indispensabile) a molte componenti chiave del nostro organismo, soprattutto a livello neurologico. Se non si può azzerare, a quale livello deve restare per non recare danni? A parte la pressione sanguigna, a parte il naturale irrigidimento dei vasi sanguigni, a parte le cause di vasocostrizione ambientali (vedi il fumo) o quelle a bassa azione infiammatoria delle cellule dei vasi sanguigni (vedi cibi pro-infiammazione). La medicina non è in grado di rispondere con certezza. E il dibattito ha tenuto banco a Chicago, e sulla stampa americana durante l’annuale appuntamento della società scientifica dei cardiologi statunitensi. Valori: Attorno ai 100 milligrammi per decilitro di sangue (90-125) è un valore oggi considerato preventivo di una ricaduta dopo già un evento cardiovascolare o un danno neurologico. I centenari viaggiano in media a 100 (c’è chi dice che campa più a lungo chi ha il colesterolo totale alto, ma gioca un ruolo la componente Hdl). Settanta è ora un obiettivo nuovo, possibile con le statine. Migliorabile, secondo uno studio presentato a Chicago, con l’abbinamento ad un altro farmaco. Un dato certo: in pazienti già colpiti da infarto o ictus e ad elevato rischio di ricaduta mortale, per la prima volta si è visto anche un calo percentuale del rischio di ricaduta di ictus. E al di sotto? In teoria «più basso è, meglio è», sostiene una scuola di pensiero. «Non esageriamo, vanno bene i valori considerati normali oggi», dicono altri. Si parla di colesterolo totale, cioè Ldl più Hdl, che dai 140 in su aumenta via via il rischio. Le scuole di pensiero si scontrano, come quando si è trattato di stabilire i valori massimi della pressione sanguigna via via scesi fino a 120-130 mm di mercurio. Eppure l’ipercolesterolemia (cioè un colesterolo attorno ai 240 mg per decilitro di sangue) nel 2012 era aumentata, nell’arco di 10 anni, in entrambi i sessi: interessa, per es., il 38% degli italiani contro il 24% del 1998-2002. Tra i fattori che possono controllare l’ipercolesterolemia, il ruolo più importante spetta alla dieta: alimenti di origine vegetale e pochi grassi sono la migliore prevenzione. Ma non va dimenticato neppure l’apporto di un corretto stile di vita e l’attività fisica. Nuove linee guida. I farmaci sono l’ultima risorsa quando in apparenza si sta bene, la prima (compresa la dieta) se già i danni ci sono e la vita è a rischio. Ma resta la domanda: quanto basso deve essere? Finora non c’erano studi tali da permettere di verificare che cosa può accadere. Ora si è concluso dopo circa 9 anni Improve-It per verificare l’azione di due farmaci abbinati (ezetimibe e una statina, la simvastatina). I risultati: si sono ridotti gli eventi cardiovascolari in 18.144 pazienti con sindrome coronarica acuta. Cioè pazienti già colpiti dal colesterolo killer, ad alto rischio ricadute, e con livelli di colesterolo tenuti sotto controllo (meno di 100) dalle sole statine o con 125 se ancora non trattati. PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 530 Due farmaci di azione diversa hanno migliorato la situazione, abbassando ulteriormente il colesterolo Ldl. Si è arrivati a 55 di media, con punte verso il basso di 35-40. Il 20% in meno di quanto ottenibile con la sola simvastatina. E adesso negli Usa si possono anche ipotizzare nuove linee guida, peggiori di quelle europee che prevedono assidui controlli dei risultati dei trattamenti. I pazienti arruolati nello studio sono stati seguiti in media per sei anni ciascuno. Con il farmaco «2 in 1» il rischio relativo di eventi cardiovascolari in chi è già stato colpito ed è in cura scende ulteriormente del 6,4%. E per la prima volta l’effetto si è avuto anche negli ictus. Nessuna differenza per i sessi e per le etnie. «L’importanza di quanto verificato con lo studio - è tale da farci ritenere opportuno aprire un dibattito per aggiornare le linee guida. Si parla per ora di prevenzione secondaria». Intolleranza: Questo è un altro punto dibattuto a Chicago: ormai un 20 % dei malati risulta intollerante alle statine e occorre trovare rimedi. Sarebbe importante, in caso di cure croniche, ottenere il massimo beneficio con il minimo dosaggio. Improve-It ha dimostrato che l’effetto sinergico di due farmaci ad azione diversa (le statine agiscono sul metabolismo del colesterolo a livello del fegato, ezetimibe riduce l’assorbimento dei grassi a livello intestinale) può portare a questo. Fino a quanto si può abbassare il colesterolo «cattivo»? 55-60 milligrammi per decilitro in media. In fin dei conti è questo il valore dei neonati, quando ancora l’ambiente non li ha «corrotti». In fin dei conti è questo il valore normale dei mammiferi. (Salute, Corriere) IL CAFFÈ AIUTA LA MEMORIA: CINQUE AL GIORNO POSSONO PREVENIRE L'ALZHEIMER Uno studio pubblicato dall'Institute for Scientific Information on Coffee rivela che la caffeina riduce del 20% rischio di contrarre la patologia Bere dalle tre alle cinque tazze di caffè al giorno comporta una riduzione fino al 20% del rischio di ammalarsi di Alzheimer. Lo riporta uno studio, il merito andrebbe attribuito da un lato alla caffeina, che previene la formazione delle placche amiloidi nel cervello, e dall'altro ai polifenoli, che aiutano a ridurre l'infiammazione. A confermare questi risultati è anche una ricerca pubblicata su Nature. Secondo le analisi, la caffeina avrebbe un effetto positivo sulla memoria a lungo termine, riuscendo a rinforzare i ricordi anche a distanza di 24 ore dal consumo. Il dott. Yassa spiega: "l'effetto di potenziamento della memoria era già noto. Noi abbiamo documentato per la prima volta uno specifico effetto sulla riduzione dell'“oblio” a oltre 24 ore di distanza". Durante i test, alcuni volontari hanno assunto 200 mg di caffeina. I ricercatori hanno osservato che la sostanza riusciva a "fissare" la memoria e a contrastare l'accumulo nel cervello e nei vasi sanguigni della proteina beta amiloide, responsabile della formazione delle placche amiloidi che incidono in maniera decisiva nell'insorgere dell'Alzheimer. Un gruppo di ricercatori della University of South Florida ha poi somministrato la caffeina a topi da laboratorio, riscontrando un calo ematico e cerebrale significativo della proteina beta amiloide. In futuro si potrebbero testare anche sull'uomo le virtù anti-Alzheimer della caffeina: il National Research Council della National Academy of Sciences ritiene che questa sostanza non dovrebbe essere nociva se assunta in queste quantità moderate. Considerando, ovviamente, le dovute eccezioni come le donne incinte e gli ipertesi, per i quali caffè, tè e affini vanno assunti con parsimonia. (salute, Tgcom24)

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