Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno III – Numero 473 Mercoledì 10 Settembre 20 S. Nicola Proverbio di oggi…….. AVVISO Ordine 1. Elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo dell’ordine 4 - 6 ottobre 2014 2. Corsi ECM: prenotazioni online Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. Un test sul sangue per definire il rischio di tumore al seno? 4. Diagnosi veloce con la temperatura del respiro ï‚· ï‚· ï‚· Prevenzione e Salute 5. Con sonniferi e ansiolitici cresce il rischio di Alzheimer 6. Osteoporosi: meno fratture fra le donne più giovani 7. In aumento i fegati «rovinati» da erbe e integratori non sicuri Ha fatto 'o pireto 'o cardillo. Commento di qualche modesta azione svolta da persone di scarso valore ELEZIONI per il RINNOVO del CONSIGLIO DIRETTIVO dell’ORDINE 4, 5 e - 6 OTTOBRE 2014 In tabella lista dei candidati del nuovo consiglio Elezione di 15 Componenti il Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Farmacisti di Napoli per il Triennio 2015/2017 Santagada Balestrieri Carraturo Cinquegrana Colesanti Fusco Iorio Maggiore Magli Marzano Meo Petrone Pisano Russo Trama Vincenzo Bianca Maria Davide Crescenzo Silvio Mariano Riccardo Maria Tommaso Elisa Raffaele Ciro Riccardo Giovanni Giovanni Ugo Elezione di 3 Componenti Effettivi del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Ordine dei Farmacisti di Napoli per il Triennio 2015/2017 Ascione Giovanni Di Maggio Anna Maria Sarti Alessandra Elezione di 1 Componente Supplente del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Ordine dei Farmacisti di Napoli per il Triennio 2015/2017 D’Aniello Raffaela CORSI ECM GRATUITI Sabato 13 Settembre, ore 9.30; SEDE Sabato 27 Settembre Ore 9.30; SEDE Cosmesi in Farmacia Corso BLSD: defibrillatore SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 473 SCIENZA E SALUTE UN TEST SUL SANGUE PER DEFINIRE IL RISCHIO DI TUMORE AL SENO? L'esame potrebbe riconoscere le probabilità di malattia in assenza di familiarità Stabilire il rischio di sviluppare un tumore del seno, anche in assenza di familiarità, ossia di alterazioni del gene Brca1 : sarebbe questo l’obiettivo di un test, attuato sul sangue, studiato dalla University College London ed i cui risultati sono stati presentati sulla rivista Genome Medicine. LO STUDIO - Ha preso in considerazione due grossi campioni di donne. Sottoposta a prelievo di sangue all’inizio dello studio, e in assenza di malattia, quest’ampia popolazione di donne è stata monitorata nel tempo con l’obiettivo di identificare il rischio potenziale di sviluppare un tumore del seno, nascosto nel DNA. Per arrivare all’obiettivo i ricercatori hanno confrontato le informazioni genetiche, o meglio epigenetiche derivate da Dna estratto da prelievi ematici, con la comparsa la malattia. «Siamo così riusciti a scovare - spiegano i ricercatori - delle ‘firme genetiche’ comuni, presenti nel genoma delle donne colpite dalla malattia». La novità starebbe nel fatto che quella particolare firma potrebbe aiutare a selezionare le donne con un rischio maggiore di tumore al seno, siano esse portatrici o meno di mutazione nel gene Brca1, il principale fattore di rischio genetico, e dove l’assenza di quella particolare ‘firma’ nel genoma sembrerebbe correlarsi direttamente all’improbabilità di sviluppare malattia presente o futura. IL PARERE DELL’ESPERTO - «Il test proposto dallo studio - è potenzialmente interessante, ma per essere applicato in maniera efficace nella pratica clinica deve essere attentamente validato in gruppi più numerosi e più omogenei di donne. Infatti il risultato più significativo è stato ottenuto in un gruppo di soli 19 carcinomi invasivi della mammella. Questo tipo di approccio potrà sicuramente migliorare il potere predittivo dei modelli epidemiologici, ma non certo sostituire lo screening genetico derivante dalla applicazione delle nuove tecnologie di sequenziamento genomico». (Salute, Fondazione Veronesi) DIAGNOSI VELOCE CON LA TEMPERATURA DEL RESPIRO Più alta nei pazienti oncologici, cresce in proporzione al numero di anni passati a fumare. Può servire per identificare precocemente il cancro. Il fiato è più caldo in chi è malato di cancro ai polmoni: un particolare da non sottovalutare secondo alcuni ricercatori dell’Univ. di Foggia perchè potrebbe essere sfruttato a favore di diagnosi sempre più precoci e tempestive. Il team italiano ha già condotto i primi test, coinvolgendo 82 pazienti (metà dei quali risultati poi positivi alla diagnosi di cancro) e sottoponendoli alla misurazione della temperatura del respiro, con un particolare dispositivo. Lo studio ha confermato le ipotesi e suggerisce, inoltre, che questa ‘febbre’ del respiro sia correlata alla durata del tabagismo, i gradi aumentano all’aumentare del tempo che si è trascorso con la sigaretta tra le dita. Quello del polmone è un ‘big killer’ che colpisce almeno 38 mila italiani l’anno. Molte, e in aumento, le donne: colpa del fumo. «Per troppo tempo il tumore del polmone è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile. I nuovi dati evidenziano invece una forte crescita anche tra le donne. Il divario tra i due sessi si è ridotto, a causa dell'aumento del consumo di tabacco anche nella popolazione femminile». Il fumo, ricordano gli esperti, è uno dei principali fattori di rischio anche per altre neoplasie (tra cui quelle che colpiscono seno, collo dell’utero, colon-retto, pancreas). (OK, Salute e Benessere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 473 PREVENZIONE E SALUTE OSTEOPOROSI: MENO FRATTURE FRA LE DONNE PIÙ GIOVANI Diminuiscono grazie a una migliore sensibilizzazione delle fasce più a rischio e a una maggiore efficacia nelle cure. Si ‘rompe’ il trend negativo di fratture femorali per l’Italia, almeno in una delle fasce di popolazione più a rischio, quella femminile fra i 65 ed i 74 anni. Sono diminuite le ospedalizzazioni per questa problematica, con un numero di fratture femorali tra i più bassi registrati dal 2000 ad oggi. È quanto emerge da studio italiano sull’archivio nazionale delle schede di dimissione ospedaliera del Ministero della Salute. LO STUDIO - «Per la prima volta - stato possibile osservare una riduzione del numero di fratture femorali in un ampio sottogruppo di donne e il dato assume un valore ancora più rilevante se si considera che ciò avviene in un contesto di generale aumento del numero di ricoveri per frattura femorale in tutte le età e in entrambi i sessi. Una possibile spiegazione è che per le donne di questa fascia d’età si sia operato attivamente per la prevenzione delle fratture, che è esattamente quanto è avvenuto negli ultimi 10 anni, con la promozione di stili di vita in grado di migliorare la salute dell’osso e la diffusione delle terapie antifratturative». LA MALATTIA - L'osteoporosi sta diventando un problema sempre più di salute pubblica, a causa dell’inarrestabile invecchiamento della popolazione. Di qui l’incremento anche delle malattie croniche e degenerative: quelle cardiovascolari o, appunto, l’osteoporosi, divenuto il secondo problema sanitario più critico al mondo secondo l’OMS. «Non è solo questione di numeri – perché la malattia ha ripercussioni importanti sull’invalidità, spesso permanente, sulle probabilità di successivi decessi e i costi pubblici per cura e assistenza, sempre più avvicinabili a quelli dell’infarto e degli ictus cerebrali». Diventa fondamentale, per la malattia e la sua gestione, puntare tutto sulla prevenzione, verso la quale già si dimostra una migliore attenzione «sia da parte dei medici di famiglia, sia degli specialisti, – supportata da una maggiore disponibilità e efficacia dei famaci che riducono il rischio di fratture, come sembrano confermare i risultati del nostro studio almeno in una specifica fascia di età». PREVENZIONE - Il miglioramento, fra le donne più giovani, è anche imputabile ad una maggiore consapevolezza della malattia, sulle sue implicazioni e sulle necessarie misure di prevenzione correlate allo stile di vita (non fumare, limitare l’assunzione di caffè e alcolici) e all’attività fisica all’aria aperta, indispensabile per la stimolazione del sistema muscolo scheletrico e l’attivazione della vitamina D (prodotta direttamente dall’organismo solo con l’esposizione solare). Norme tanto più necessarie nella popolazione anziana, in cui le occasioni di incremento della sostanza sono molto più limitate. «E’ indispensabile svolgere tutti i giorni almeno 25 min. di attività fisica continuativa - ed esporsi normalmente alla luce solare facendo attenzione ai tempi e momenti di esposizione soprattutto in estate (10-15 min. al giorno e 20-30 min. in inverno tra le 11 e le 15 quando i raggi UV sono più attivi), ma anche a non coprirsi troppo e impedire in tal modo l’attivazione sulla pelle dei precursori della vitamina D. Preziosa è anche l’alimentazione con l’introduzione nella dieta di due porzioni di latticini al giorno, come latte o yogurt anche parzialmente scremati o anche - una o due volte alla settimana - due porzioni di formaggio stagionato o fresco, in sostituzione del secondo piatto». Perché la prevenzione sia perfetta «sarebbe necessario – conclude lo specialista - che tutte le donne oltre i 65 anni o in menopausa da almeno 10 anni e gli uomini oltre i 75 anni di età eseguissero una densitometria ossea. Indicazione valida anche in caso di malattie o di assunzione di farmaci (cortisone o chemioterapici antiormonali) che aumentano il rischio di osteoporosi. (Fondazione Veronesi) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 473 PREVENZIONE E SALUTE IN AUMENTO I FEGATI «ROVINATI» DA ERBE E INTEGRATORI NON SICURI Il fenomeno interessa soprattutto preparati non certificati che «girano» nelle palestre, anche fra le donne di mezza età Meglio non abusare di integratori alimentari e rimedi fitoterapici. A farne le spese potrebbe essere il fegato. Secondo uno studio, pubblicato di recente sulla rivista Hepatology, negli ultimi 10 anni i casi di danni epatici da integratori sarebbero passati dal 7 al 20% tra i pazienti afferenti al Network statunitense per i problemi al fegato indotti da medicinali. Effetti collaterali : I ricercatori d’Oltreoceano hanno analizzato ben 839 pazienti con danni al fegato, afferenti a 8 diverse cliniche del network americano, evidenziando 45 casi di problemi epatici legati all’uso di supplementi per il body building, 85 dovuti a integratori alimentari e fitoterapici e i rimanenti 709 causati da farmaci. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, i supplementi alimentari e quelli a base di erbe si sono rivelati i «più cattivi» per il fegato, portando più spesso al trapianto o addirittura al decesso. I supplementi per gli amanti dei muscoli, dal canto loro, sono stati più spesso responsabili di problemi di ittero prolungato (in media 91 giorni), soprattutto in pazienti di sesso maschile, senza però causare alcun decesso o trapianto. Gli integratori dietetici e rimedi verdi più pericolosi sarebbero quelli commercializzati come prodotti per promuovere la perdita di peso, la disintossicazione, per migliorare le prestazioni sessuali nonché energizzanti e multivitaminici. Le donne di mezza età e con un educazione scolastica maggiore sono state quelle in cui più spesso sono stati riscontro epatopatie da integratori. Sicurezza: «Per immettere sul mercato integratori alimentari e fitoterapici sono necessarie meno evidenze di sicurezza rispetto a quelle richieste per i farmaci tradizionali. Il risvolto della medaglia è che con questo minor controllo aumenta la probabilità di avere effetti collaterali pericolosi, se non addirittura fatali». «In Italia, in realtà, il mercato degli integratori è più controllato che negli Usa, salvo l’acquisto tramite internet di prodotti provenienti dall’estero. I prodotti commercializzati nel nostro Paese devono essere accompagnati da certificati di sicurezza rispetto alla contaminazione da germi e metalli pesanti. Non solo, gli integratori commercializzati negli Stati Uniti contengono spesso dosi molto elevate dei singoli elementi, mentre in Italia, proprio per ragioni di sicurezza, la concentrazione dei principi attivi è decisamente minore. Comunque è bene sfatare un mito duro a morire, ovvero che tutto ciò che è naturale, è anche sicuro. I rimedi fitoterapici, per esempio, agiscono con meccanismi farmacologici che sono simili a quelli dei farmaci tradizionali, e proprio per tale motivo, prima di assumerli bisognerebbe valutare con attenzione i possibili benefici e gli eventuali rischi». Le cautele e i consigli: «Prima di assumere un integratore è buona regola rivolgersi a personale sanitario competente. Meglio, poi, evitare gli acquisti online, se non da aziende note che commercializzano i proprio prodotti anche attraverso i canali tradizionali. Per avere maggiori garanzie di sicurezza, conviene rimanere vincolati ai supplementi preparati nell’Europa occidentale in quanto sottoposti a maggiori controlli» suggerisce Cicero. «Infine particolare cautela è necessaria nel caso si abbia a che fare con pazienti più fragili. Le possibilità di avere effetti collaterali sul fegato è maggiore qualora sia già presente un deficit di funzionalità epatica, nei casi in cui il paziente assuma molti farmaci metabolizzati a livello epatico per curare altre patologie o ancora abusi di alcolici». (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno III – Numero 473 PREVENZIONE E SALUTE CON SONNIFERI E ANSIOLITICI CRESCE IL RISCHIO DI ALZHEIMER Fino al 51 per cento con assunzione regolare di almeno tre mesi e il rischio aumenta ancora al prolungamento della terapia con benzodiazepine. Sono i farmaci ipnotico-sedativi più prescritti, per trattare insonnia cronica oppure stati d’ansia ricorrenti, ma anche utilizzati come calmanti estemporanei in occasione di un trauma o shock. Mai abusarne, anche le linee guida ne limitano l’uso prolungato nel tempo: le benzodiazepine causano dipendenza, un effetto collaterale noto, e aumentano anche il rischio di demenza in terza età. Lo dichiara uno studio franco-canadese sul prestigioso British Medical Journal. Agendo sul sistema nervoso centrale, innescando anche amnesie e interferendo con le capacità cognitive in caso di abuso, da tempo si sospettava una possibile correlazione tra l’assunzione regolare di sonniferi e ansiolitici nella popolazione anziana e l’insorgenza di Alzheimer. A stabilire la proporzione del rischio di demenza è stato un team di ricerca delle università di Bordeaux e del Quebec, in Canada: cresce fino al 51 per cento con una terapia di tre mesi o più, e il rischio aumenta in proporzione alla durata del trattamento, soprattutto con benzodiazepine a rilascio prolungato. L’osservazione è stata condotta su 1.796 casi di Alzheimer, in registri pazienti canadesi, e oltre 7 mila soggetti sani, monitorati per sei anni. I risultati dello studio, però, non devono essere presi come una conferma definitiva perché esistono alcune limitazioni scientifiche, come ad esempio il fatto che ansia, insonnia e oscillazioni dell’umore, i disturbi che spingono a ricorrere a queste pillole, nella terza età sono anche chiari segnali di preAlzheimer, ovvero la fase ‘silenziosa’ che precede la manifestazione della malattia: è possibile, quindi, che molti anziani consumatori di benzodiazepine coinvolti nell'indagine fossero, in realtà, già agli stadi iniziali di un declino cognitivo. La ricerca, tuttavia, pone l’attenzione su una maggiore cautela nell’assunzione di questi farmaci, la cui prescrizione deve essere «bilanciata con prudenza, considerando i reali rischi per i pazienti più anziani», suggeriscono gli stessi ricercatori. Sabato 20 settembre si celebrerà la XXI giornata mondiale per l’Alzheimer, una malattia sempre più al centro dell’attenzione, soprattutto a fronte del generale invecchiamento della popolazione: stando alle previsioni, l’attuale numero dei casi (36 milioni di malati in tutto il mondo) è destinato a raddoppiare ogni vent’anni, raggiungendo quota 115 milioni nel 2050. (OK, Salute e Benessere)

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