Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno II – Numero 212 AVVISO 1. visita alla Farmacia degli incurabili: lunedi’ 15 luglio, ore 20.45 2. Commemorazione del decennale della scomparsa del presidente dell’ordine Silvio Catapano Notizie in Rilievo Farmaci e Salute 3. Un nuovo farmaco prolunga la vita dei malati di leucemia 4. Terapia ormonale donne aumenta rischio cancro al cervello Professione e Salute 5. Contributi ENPAF Scienza e Salute 6. I rimedi giusti per le Mercoledì 03 Luglio 2013, S. Tommaso VISITA ALLA FARMACIA degli INCURABILI: LUNEDI’ 15 LUGLIO, ORE 20.45 Si terrà il prossimo 15 Luglio con inizio alle ore 20.45. Cari Colleghi, dopo lo straordinario successo dell’edizione tenuta lo scorso anno, vissuta nel cortile monumentale dell’Ospedale degli Incurabili, aperto straordinariamente in notturna per Noi, la seconda edizione è prevista per Lunedì 15 luglio. COME PARTECIPARE: gli Iscritti che vogliono partecipare, possono: 1. Prenotarsi on-line sul sito dell’Ordine 2. Prenotarsi presso gli Uffici dell’Ordine 3. Venire direttamente nel Cortile del complesso degli Incurabili, ore 20.45. COMMEMORAZIONE del DECENNALE della SCOMPARSA del PRESIDENTE dell’ORDINE SILVIO CATAPANO Si terrà, presso la sede dell’Ordine, il prossimo Giovedì 04 Luglio con inizio alle ore 20.45. meduse (mare per mare) La Categoria commemora il Presidente S. Catapano nella sede dell’Ordine, nel decennale della dipartita. Alla guida della categoria per più di 30 anni. Alimentazione e Salute PERCHÉ SI DICE UN FREDDO CANE? 7. Anguria o banana? Il nuovo criterio per sapere cosa scegliere a tavola Il cane è stato nel passato simbolo del freddo: quello che oggi è uno degli animali domestici più coccolati e privilegiati dall'uomo non ha sempre avuto sorte benevola. Ci sono stati tempi in cui il cane era costretto in catene, privato del cibo per aumentare la sua ferocia contro intrusi e ladri e lasciato all'addiaccio e fuori dalle abitazioni a causa delle malattie infettive da cui era afflitto. L'accezione negativa di cane, cui fu associata l'idea di disgrazia, si può far risalire anche all'antico gioco dei dadi diffuso presso i Romani: il “colpo del cane” era infatti quello più sfortunato, in cui tutti i dadi lanciati segnavano il punteggio inferiore. SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 212 SCIENZA E SALUTE 10 COSE CHE FORSE NON SAI SULLE ZANZARE Quello che amano, quello che odiano, quante sono, a che cosa servono... Caldo e umido regalano ospiti poco gradite, le zanzare. Secondo gli esperti le piogge di primavera, lavando i tombini, hanno ritardato la sgradita invasione, ma la crisi economica che tiene sotto scacco il Paese si farà sentire anche in tema di zanzare perché molti comuni, per mancanza di fondi, non hanno attuato le consuete disinfestazioni. Con la conseguente proliferazione delle tante specie di zanzare che si trovano in Italia. Ma il fronte mosquito (il diffuso nome inglese e spagnolo per "zanzara") non riserva solo brutte notizie. E c'è anche qualche curiosità. 1) Esistono almeno 3000 specie di zanzara, di cui 70 presenti in Zanzara tigre: quest'estate tutti i comuni italiani lamentano un record delle zanzare di questa specie, che ha la Italia. Non tutte attaccano l'uomo: la maggior parte preferisce aumento prerogativa di essere attiva anche durante il giorno e non soltanto all'alba o al tramonto uccelli, anfibi e invertebrati. 2) Solo le femmine fecondate mordono, perché il sangue è ricco di proteine necessarie allo sviluppo delle uova. I maschi? Preferiscono dedicarsi al nettare dei fiori. 3) La saliva delle zanzare contiene un anticoagulante che permette loro di succhiare il sangue più facilmente e induce una risposta allergica da parte del nostro sistema immunitario (il pomfo). 4) Le zanzare hanno un debole per i bevitori di birra e di alcolici in generale. Forse perché chi ne assume produce maggiori quantità di acetone, etanolo e metanolo attraverso il sudore. In generale comunque sono attratte dall'anidride carbonica, liberata dal respiro e dalla pelle, e dall'acido lattico, che riescono a percepire fino a 30 metri. 5) Il ronzio è dovuto al rapido batter d'ali (da 300 a 600 volte al secondo). Secondo alcuni esperti sarebbe un richiamo amoroso: attirata dal ronzio del maschio, la zanzara femmina comincia a imitarlo, cercando di raggiungere la stessa tonalità per entrare in sintonia. Anche questo è amore. 6) Non è vero che sono inutili, come verrebbe voglia di dire! Le specie Aedes impiger e Aedes nigripes (per fare giusto un esempio), diffuse in Canada e Russia, forniscono un'importante risorsa di cibo agli uccelli migratori: in effetti molte specie arricchiscono la dieta di insetti, uccelli, anfibi e pesci. Conosciamo anche almeno due orchidee del genere Platanthera che ricevono il polline dalle zanzare... In natura nulla è inutile: tuttalpiù ne ignoriamo lo scopo. 7) Un adulto di zanzara vive al massimo 5/6 mesi, senza allontanarsi troppo dal focolaio. Ma ci sono anche zanzare girovaghe: quelle delle paludi salmastre per esempio possono viaggiare per 150 km. 8) Sono gli animali che mietono più vittime al mondo, perché trasmettono la malaria che ogni anno, solo in Africa, secondo la rivista Lancet, uccide 1,2 milioni di persone. 9) Le zanzare il pomeriggio sono meno attive: fa troppo caldo e preferiscono starsene al fresco in attesa della sera. 10) Amano il nero, odiano il bianco. Studi condotti tra il 1938 e il 1955 hanno dimostrato che le zanzare hanno una preferenza per chi indossa abiti dai colori scuri. Il nero soprattutto, seguito dal rosso e dal blu. Mentre troverebbero poco attraente il bianco. Ma non vale per tutte le specie. 11) La cosa che detestano di più? L'olio estratto dall'erba gatta che, secondo alcuni studi, sarebbe persino più repellente del deet (dietiltoluamide), considerato uno degli insetto-repellenti più efficaci. (Focus) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 212 PROFESSIONE E SALUTE CONTRIBUTI ENPAF modifica regolamentare relativa ai termini di decadenza per la presentazione della domanda di riduzione ovvero del contributo di solidarietà; contratti “precari” e domanda di riduzione; operazione POSEIDONE Inps Con decorrenza 1° gennaio 2014 i termini di decadenza per presentare la domanda di riduzione ovvero la richiesta di contribuzione di solidarietà sono stati modificati. Non più il 30 settembre dell’anno precedente a quello a cui la riduzione stessa si riferisce bensì il 30 settembre dell’anno in cui l’iscritto si trovi nelle condizioni per poter godere dell’aliquota di riduzione ovvero del contributo di solidarietà. Qualora i 6 mesi ed un giorno necessari per poter usufruire dei benefici in parola si compiano successivamente al 30 settembre è possibile presentare la relativa domanda entro il 31 dicembre, sempre dell’anno in cui si è nelle condizioni di poter usufruire della riduzione ovvero del contributo di solidarietà. La richiesta produce effetto dall’anno in corso alla data della domanda. i Ciò comporterà che le domande pervenute dopo il 30 settembre 2013 non verranno considerate fuori termine ma utili per il 2014. Nel caso dei titolari di farmacia, dei soci ovvero degli iscritti comunque associati agli utili di farmacia è necessario che tale posizione sia cessata l’anno precedente a quello di presentazione della domanda di riduzione ovvero del contributo di solidarietà. I nuovi iscritti possono presentare la relativa domanda entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di iscrizione all’Albo professionale. La stesura precedente stabiliva come termine il 30 settembre dell’anno in cui si richiedeva per la prima volta la contribuzione al nuovo iscritto. Con la dicitura attuale si è inteso rendere più chiaro il termine di decadenza, ancorandolo ad un evento perfettamente conoscibile dall’interessato (l’anno di iscrizione all’Ordine professionale). UN NUOVO FARMACO PROLUNGA LA VITA DEI MALATI DI LEUCEMIA Si chiama ibrutinib, ed è un potenziale passo avanti nel trattamento della leucemia linfocitica cronica (Llc), che potrebbe produrre meno effetti collaterali rispetto alla chemioterapia. Nella ricerca pubb. sul New England Journal of Medicine, gli scienziati riferiscono che il farmaco sperimentale prolunga in modo significativo la vita dei pazienti. L'Ibrutinib è attualmente testato sui tumori che colpiscono il sistema immunitario del corpo, come la leucemia linfocitica cronica e il linfoma a cellule del mantello. Il farmaco è il primo che blocca l'attività della proteina nota come tirosina chinasi di Bruton (Btk), che svolge un ruolo importante nel favorire i tumori delle cellule immunitarie che si sviluppano a partire dalla crescita incontrollata delle cellule staminali del sangue. Una volta che l'ibrutinib si lega alle cellule B del sistema immunitario evita che i tumori che crescono in queste cellule si nutrano, crescano e si dividano. Secondo lo studio, il farmaco non sembra invece influenzare le cellule T, come fanno invece gli agenti chemioterapici, per cui i pazienti sperimentano un minor numero di effetti collaterali. (Sn) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 212 PREVENZIONE E SALUTE I RIMEDI GIUSTI PER LE MEDUSE (mare per mare) Interventi specifici per le diverse specie: quel che serve nel Mediterraneo può essere sbagliato in altri litorali Che cosa fare se si incontra una medusa? Chi consiglia l'ammoniaca, chi di bagnare con acqua calda, fredda, dolce o salata, chi di mettere un po' di aceto: ma pochi sanno davvero che cosa è meglio fare. A colmare questa lacuna ci hanno pensato alcuni ricercatori italiani e americani, autori di una rassegna appena pubb. sulla rivista Marine Drugs, stilando una sorta di linea-guida per la gestione dell'irritazione causata dal contatto con questi celenterati. «Oltre a indicare le terapie da intraprendere nei vari casi di contatto con medusa, a seconda della specie e dell'area geografica dell'incidente, abbiamo voluto mettere in evidenza anche che cosa non fare per evitare il peggioramento dei sintomi» spiega Luca Cegolon del Dip. di medicina molecolare dell'Univ. di Padova. Un dato curioso è che ciò che può aiutare contro una medusa tropicale può essere controindicato per una del Mediterraneo. VELENO - «Per es. - l'aceto, raccomandato ai tropici e per le specie mortali australiane, va assolutamente evitato per le meduse che popolano il Mediterraneo, perché può acuire i sintomi». Ma qual è la prima cosa da fare in caso di un incontro ravvicinato con una medusa? «I tentacoli contengono milioni di cisti nematoidi, che vengono depositate sulla pelle della vittima in seguito al contatto. La rottura di queste cisti libera il veleno, un miscela di proteine che può dare effetti locali (infiammatori, neurotossici, dermotossici) e sistemici (cardio-circolatori, emolitici, allergici). La prima cosa da fare dunque è rimuovere gli eventuali residui di tentacoli perché finché aderiscono alla pelle continuano a rilasciare veleno. Il dibattito su quale sia la strategia migliore è aperto, tuttavia sciacquare ripetutamente con acqua di mare è una raccomandazione condivisa così come l'uso di pinzette. Eventualmente i tentacoli si possono togliere anche con le mani, meno sensibili al veleno, a patto che poi le si sciacqui molto bene». COSA FARE - Il contatto con la medusa causa, in genere, un dolore bruciante e un'orticaria dolorosa simile a un'ustione, accompagnata da gonfiore, eritema, vescicole e bolle. In rari casi, le meduse del Mediterraneo possono causare una reazione allergica grave, con shock anafilattico. «Le tossine prodotte dalle diverse specie di meduse variano, per cui spesso si rendono necessari accorgimenti differenti per controllare dolore, ulteriore rilascio di veleno e reazioni locali. Analgesici locali o per bocca, acqua calda, impacchi di ghiaccio, bicarbonato di sodio locale, nonché aceto per le meduse tropicali australiane sono alcuni dei rimedi più consolidati. In Australia, al di fuori dei tropici, predominano meduse pericolose ma non letali, così come nel Mediterraneo, la priorità è ridurre il dolore e questo può essere ottenuto usando acqua di mare prima e acqua calda (42° per 20 minuti) e impacchi di ghiaccio poi. Nell’Australia tropicale, invece, dove sono presenti le cubomeduse mortali, in particolare quella soprannominata "vespa del mare", si raccomanda vivamente (dopo preliminare valutazione dei parametri vitali per eventuali interventi di rianimazione) l'applicazione di aceto, seguita dalla rimozione dei tentacoli e da impacchi di ghiaccio». PREVENZIONE - Oltre a conoscere le strategie di pronto intervento, chi si reca in aree a rischio per la presenza di meduse potenzialmente letali dovrebbe avere anche qualche nozione di prevenzione. «Noi non siamo abituati a proteggerci dalle meduse perché quelle presenti nel Mediterraneo non sono particolarmente pericolose, tuttavia se ci capitasse di andare a fare immersioni nelle coste australiane o in altre tropicali/equatoriali sarebbe meglio indossare vestiario di protezione, come le tute complete di Lycra». (Salute, Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 212 ALIMENTAZIONE E SALUTE ANGURIA O BANANA? Il Nuovo Criterio per Sapere cosa SCEGLIERE a TAVOLA Carboidrati: Come valutare correttamente il loro «peso» nei diversi cibi. Il Carico Glicemico ora affianca l'Indice Glicemico, «misurando» con più realismo zuccheri e amidi Sarà anche perché alcune diete di moda utilizzano l'Indice Glicemico (IG), talvolta a sproposito, come principio base per la scelta dei cibi, ma di questo "indice" si sente ormai parlare sempre più spesso. E lo stesso vale per l'importanza di evitare picchi troppo elevati della glicemia dopo i pasti. A questo riguardo, la vecchia classificazione dei carboidrati (i "responsabili" degli aumenti della glicemia) in carboidrati semplici (gli zuccheri) e complessi (gli amidi) si è rivelata inadeguata. Infatti, contrariamente a quanto si credeva, non tutti i cibi contenenti zuccheri comportano rapidi picchi della glicemia, e non tutti gli alimenti contenenti amidi si comportano in modo opposto, più salutare. Da qui, l'importanza di nuovi criteri di valutazione dei carboidrati: l'Indice Glicemico (IG), appunto. E, più di recente, il Carico Glicemico. L'Indice Glicemico rappresenta una misura, valutata in condizioni sperimentali particolari, della capacità dei cibi contenenti carboidrati di aumentare la glicemia. Il Carico Glicemico, invece, permette di tradurre nella pratica questa informazione, adattandola alla quantità di carboidrati che sono realmente presenti nella porzione di alimento consumato. Ma perché si dà tanta importanza a ciò che accade nel nostro organismo in risposta al consumo di carboidrati? Lo spiega G. Riccardi, prof. di Malattie del Metabolismo all’Univ. Federico II di Napoli: «Dopo ogni pasto la glicemia aumenta in ragione della qualità e della quantità dei carboidrati ingeriti. Per contenere questo incremento, il pancreas secerne insulina, al fine di normalizzare i valori glicemici nel giro di 2-3 ore. Un eccessivo incremento della glicemia postprandiale non fa bene alla salute dei vasi, facilitando l'insorgenza di arteriosclerosi, e condiziona un'intensa e prolungata secrezione d’insulina che, a lungo andare, può indurre l'esaurimento funzionale delle cellule che la producono e portare allo sviluppo di diabete. Se tali problemi non riguardano le persone giovani e attive, diventano rilevanti per una popolazione adulta che, come quella italiana, nella maggior parte dei casi è sedentaria, in sovrappeso ed è predisposta al diabete e all'arteriosclerosi». BUONE SCELTE - Ecco perché conviene evitare picchi troppo elevati della glicemia dopo i pasti. Ma come farlo? Un modo potrebbe essere quello di ridurre drasticamente i carboidrati, ma vorrebbe dire limitare anche il consumo di alimenti "buoni", come i cereali integrali, i legumi, la frutta, la verdura e, nel contempo, aumentare esageratamente grassi e proteine. Evidentemente non è questa la strada consigliata. Ed ecco, allora, l'Indice Glicemico, che può aiutare a fare scelte che, pur lasciando un adeguato spazio ai carboidrati, non comportino brusche oscillazioni della glicemia. L'Indice Glicemico viene calcolato testando, su volontari sani, quanto aumenta la glicemia in risposta al consumo di un alimento contenente una quantità standard di carboidrati (50 g), rispetto alla stessa quantità di glucosio (assunto sotto forma di acqua zuccherata). Se, per es., l'IG di un alimento è 50, significa che questo cibo aumenta la glicemia della metà (50%) rispetto al glucosio. Ad un numero inferiore di IG corrisponde, quindi, un cibo più favorevole per il metabolismo glucidico. Per ridurre l'impatto dei cibi sulla glicemia, conviene perciò preferire alimenti a basso Indice Glicemico - come la pasta, l'orzo, i legumi, molti tipi di frutta e ortaggi - rispetto a quelli ad alto Indice Glicemico, come il riso brillato, le patate, il pane bianco, i cornflakes. PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 212 I FATTORI - Osservando i valori di IG riportati nella tabella, si notano alcuni dati inaspettati: per esempio, l'IG di vari cereali e loro derivati integrali non è molto diverso da quello dei prodotti più raffinati. «I fattori che determinano un rapido aumento della glicemia sono molteplici. Fra questi, la velocità con cui i carboidrati sono digeriti e assorbiti, la velocità di svuotamento dello stomaco, gli effetti diretti di alcuni componenti (per es. aminoacidi ed acidi organici) sul rilascio di insulina. Per questo è difficile prevedere quale sarà l'Indice Glicemico di un alimento basandosi solo sulla sua composizione, ma è necessario testarlo in vivo, come viene fatto, su non meno di 10 volontari. Anche la cottura può influire sull’IG di un alimento, perché può comportare cambiamenti nella natura dei carboidrati (per es. la cottura dell'amido ne velocizza la digestione) e altre modificazioni che possono influenzare, ad es., lo svuotamento dello stomaco, rendendo più o meno veloce l'ingresso del chimo nell'intestino e quindi l'assorbimento dei nutrienti, inclusi i carboidrati». Sempre guardando la tabella, si può notare che l'anguria ha un IG inaspettatamente elevato, addirittura superiore a quello della banana, notoriamente più zuccherina: questo significa che conviene evitare l’anguria e preferire il secondo frutto? COME REGOLARSI - «Sarebbe un modo sbagliato di interpretare l'IG - commenta Riccardi -. E, per evitare errori come questo, è più corretto far riferimento ad un altro criterio, il Carico Glicemico, appunto, che si calcola moltiplicando il valore del l'Indice Glicemico per la quota di carboidrati presente nella porzione di consumo. Usando questo criterio, si vede infatti che, pur avendo l'anguria un IG elevato, il suo impatto sulla glicemia è modesto, perché sono comunque pochi i carboidrati presenti in una porzione. E si nota anche che la banana, pur avendo un Indice Glicemico più basso, ha però un Carico Glicemico più elevato, perché una porzione (una banana media) contiene significativamente più carboidrati di una porzione d'anguria». «Il Carico Glicemico, combina in un unico numero, l'informazione sulla qualità dei carboidrati, data dall'Indice Glicemico, con quella relativa alla quantità presente nella porzione consumata. Questo criterio consente di valutare in modo più corretto l'impatto sulla glicemia delle porzioni abituali di alimenti e permette di non escludere dalla dieta alimenti come il pane, il riso, le patate, che verrebbero penalizzati valutandoli solo sulla base dell' Indice Glicemico». «In sintesi, è importante, e soprattutto semplice, ricordare che ci sono alimenti ad alto e a basso Indice Glicemico: quando si tratta di scegliere fra cibi simili, come potrebbero essere la pasta, il pane, l'orzo, il riso, è consigliabile preferire quelli a basso Indice Glicemico; quando invece la scelta ricade sugli altri, basterà ridurre la porzione abituale di consumo del 30-50%». (Salute, Corriere) TERAPIA ORMONALE DONNE AUMENTA RISCHIO CANCRO AL CERVELLO Le donne sottoposte a terapia ormonale sostitutiva hanno un rischio maggiore del 30 per cento di sviluppare un tumore al cervello. Piu' a lungo si segue la terapia e piu' probabilita' si hanno di ammalarsi: il rischio aumenta del 70% se la terapia ormonale sostitutiva viene seguita 10 anni o più. I ricercatori pensano che i risultati dello studio possa spiegare perchè il meningioma, il tumore cerebrale più comune, colpisce maggiormente le donne. E spiegherebbe, secondo gli studiosi, anche perchè i casi sono aumentati negli ultimi anni. "L'uso della terapia ormonale sostitutiva a lungo termine, in particolare in associazione estro-progestinica, può aumentare il rischio di meningioma". Inoltre, le donne affette da questa neoplasia sono anche più a rischio tumore al seno. Circa l'85% dei meningiomi sono benigni, ma questi tumori possono causare sintomi come mal di testa, convulsioni, perdita di equilibrio e perdita dell'udito. Le donne spesso ricorrono alla terapia ormonale sostitutiva per alleviare i sintomi della menopausa. "La terapia ormonale sostitutiva comporta dei rischi, per cui le donne dovrebbero cercare di utilizzare la più bassa dose possibile". (AGI) .

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