Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli
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Anno IV – Numero 670 AVVISO Ordine 1. Ordine: Campagna di prevenzione dai danni generati dal sole Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Un cerotto per curare il diabete Prevenzione e Salute 3. Troppo tè freddo? A rischio i reni 4. I jeans troppo aderenti possono danneggiare muscoli e nervi 5. Protezione solare e tumori, consumatori confusi nella scelta delle creme protettive Curiosità 6. Perché si dice “passare sotto le forche caudine”? Mercoledì 24 Giugno 2015, S. Giovanni Battista, Romolo Proverbio di oggi……….. Nun chiammà triste,ca peggio te vène. Non lamentarti del male, chè ti verrà peggio. TROPPO TÈ FREDDO? A RISCHIO I RENI Fresco, dissetante, un piacevole toccasana contro l'arsura estiva. Eppure il tè freddo, bevanda regina dell'estate, consumato in quantità eccessiva potrebbe nascondere un'insidia per i reni: un eccesso di ossalati, sostanze che si accumulano nei reni formando i temuti – e dolorosi – calcoli. L'avvertimento arriva dagli esperti del dipartimento di Urologia della Loyola University di Chicago (Usa) ed è diretto soprattutto alle persone con una maggiore propensione alla formazione di calcoli renali. “L'estate è la stagione in cui si perdono più liquidi a causa della sudorazione – spiega John Miller, l'urologo che firma l'articolo – ed è forte la tentazione di rimpiazzarli bevendo grandi quantità di tè freddo che ha un sapore più gradevole dell'acqua”. Anche il tè caldo contiene ossalati, ma difficilmente se ne bevono quantità abbondanti come accade con la sua versione gelata o raffreddata con il ghiaccio. “Negli Usa l'85% del tè bevuto è freddo”, ricorda Milner a proposito dell'abitudine degli statunitensi di berlo anche come accompagnamento durante i pasti. Tuttavia, secondo il ricercatore, molti sottovalutano il rischio potenziale per i reni. “Per questo, contro il pericolo di disidratazione estiva – aggiunge lo studioso – l'acqua è sempre la scelta consigliata”. Scongiura l'accumulo di ossalati, favorisce l'idratazione e anche il lavoro di filtraggio a carico dei reni. Al più si può optare per una limonata rinfrescante: i citrati contenuti nel limone, infatti, svolgono un'azione di contrasto rispetto alla “sabbia” e agli altri corpuscoli che si accumulano nei reni, non permettendo che si aggreghino dando vita ai calcoli. (Salute, Sole 24 ore) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 670 UN CEROTTO PER CURARE IL DIABETE È ancora in fase di sperimentazione ma sta dando risultati incoraggianti. Riesce a misurare la glicemia ed erogare l’insulina necessaria Grande come due centesimi di euro e ricoperto da un centinaio di aghi ultramicroscopici, capaci di misurare il glucosio nel sangue e di somministrare l’insulina che serve: è il cerotto intelligente, da applicare sulla pelle, che, dicono gli inventori, rivoluzionerà la cura del diabete, sia di tipo primo (dove la terapia insulinica è d’obbligo) che di tipo secondo quando i farmaci non sono più sufficienti e, quindi, bisogna ricorrere all’ormone. È ancora sperimentale, ma promette bene. Gli inventori come hanno ragionato per arrivare al risultato finale:  un dispositivo, appunto, che contemporaneamente faccia il lavoro della strisce per misurare la glicemia e somministri l’insulina che serve in base ai risultati, personalizzando la terapia. Prima considerazione: il diabete di tipo primo è abbastanza raro e colpisce soprattutto le persone giovani e viene curato con l’insulina. Quello di tipo secondo, che si manifesta più avanti negli anni (ed è spesso legato all’obesità) sta esplodendo in tutto il mondo e le previsioni sulla sua diffusione sono impressionanti (ci si aspetta che il numero di malati raggiunga quota 592 milioni nel 2035). Fino a un certo punto può essere controllato con i farmaci, poi richiede la terapia insulinica. Seconda considerazione: la terapia con insulina non è semplicissima. Intanto l’ormone va somministrato in base ai livelli di glicemia (da rilevare pungendo un dito in modo da avere una goccia di sangue che le strisce “leggono”) e il rischio è di sbagliare il dosaggio, con il risultato che il paziente può andare incontro a una situazione di iperglicemia o di ipoglicemia (più frequente e pericolosa). Il meccanismo: Ecco allora l’ipotesi di lavoro: minimizzare la possibilità di errore costruendo un sistema a ciclo chiuso capace di mettere insieme il momento diagnostico e quello terapeutico, più efficace delle attuali pompe di insulina che già fanno questo tipo di lavoro. Zhen Gu e i suoi colleghi dell’University of North Carolina hanno scelto di imitare i “generatori di insulina” del corpo umano e cioè le beta cellule del pancreas. Queste ultime agiscono sia come fabbriche sia come depositi dell’ormone che immagazzinano in piccole vescicole e liberano quando “sentono” che la glicemia è aumentata oltre i limiti normali. «Abbiamo costruito vescicole artificiali – capaci di svolgere le stesse funzioni delle beta cellule utilizzando due materiali che si trovano facilmente in natura. Il primo è l’acido ialuronico, usato in molti cosmetici. Il secondo è il 2-nitroimidazolo, una sostanza organica comunemente usata in diagnostica». I ricercatori hanno “fuso” queste due molecole ottenendone una terza che da un capo è idrofilica (si lega cioè all’acqua) e dall’altro idrofobica (respinge l’acqua): queste molecole sono capaci di autoassemblarsi in milioni di vescicole con la parte idrofilica rivolta verso l’esterno. Dentro queste vescicole i ricercatori hanno poi inserito molecole di insulina e enzimi capace di rilevare gli zuccheri nel sangue. Quando queste vescicole sono a contatto con il glucosio, gli enzimi lo convertono in acido gluconico, consumando ossigeno. La mancanza di ossigeno fa sì che il 2-nitroimidazolo, idrofobico, diventi idrofilico, così le vescicole si dissolvono liberando insulina. La somministrazione: Ma come “somministrare” queste nanoparticelle di insulina intelligenti? Non attraverso aghi normali, hanno pensato i ricercatori, ma incorporandole in una serie di microscopici aghi di acido ialuronico schierati su una specie di cerotto di silicone e capaci di penetrare nella cute. Questi aghi vengono così a contatto con il sangue che scorre nei capillari cutanei e fanno il loro dovere. (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 670 PREVENZIONE E SALUTE I JEANS TROPPO ADERENTI POSSONO DANNEGGIARE MUSCOLI E NERVI La storia di una donna australiana ricoverata per 4 giorni in ospedale per gravi problemi di circolazione alle gambe. Indossava jeans «skinny» I jeans modello «skinny» negli ultimi dieci anni sono diventati di grande moda. Molto aderenti, quasi una seconda pelle, sfoggiati dalla Duchessa di Cambridge e altre celebrità come Sierra Miller e Nigella Lawson, sono diventati dei must dell’abbigliamento femminile e non solo. Ma in certi casi rischiano di danneggiare seriamente i muscoli e nervi. È il caso descritto sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry in Australia, dove una donna di 35 anni è stata ricoverata in ospedale con gravi problemi alle gambe, dovuti secondo i medici, proprio all’effetto costringente dei jeans aderenti. La storia : La donna aveva aiutato un parente in un trasloco e per tutta la giornata aveva indossato gli aderentissimi jeans. Per molte ore era rimasta accucciata svuotando armadi e facendo scatoloni. I jeans sono diventati sempre più stretti e scomodi con il passare delle ore e in serata la donna ha cominciato ad accusare l’intorpidimento dei piedi e difficoltà a camminare. A un certo punto è inciampata, è caduta e non è più stata in grado di rialzarsi da sola. È rimasta a terra per quattro ore prima di essere soccorsa e quando sono arrivati i medici hanno dovuto tagliare i jeans per «liberarla». La sindrome compartimentale Secondo i medici la donna aveva sviluppato una condizione definita sindrome compartimentale: la pressione tissutale aumenta e diminuisce la perfusione sanguigna. Il sangue, in altre parole, non riesce a circolare bene né ad arrivare dove dovrebbe. Questo stato provoca tumefazione dei muscoli, con dolore e gonfiore delle parti interessate. Alla 35enne è stata applicata una flebo e dopo 4 giorni è di nuovo tornata a camminare senza aiuto. La storia è rimbalzata sui media internazionali. Che ricordano come anche altri medici abbiano riportato una serie di casi in cui i pazienti, sempre dopo avere indossato jeans skinny, hanno sviluppato formicolio alle cosce e intorpidimento dei muscoli. (Salute, Corriere) Perché si dice “PASSARE SOTTO le FORCHE CAUDINE”? La frase significa subire una grave umiliazione o una prova mortificante. Il modo di dire risale addirittura all’antica Roma, e precisamente alla Seconda guerra sannitica. Nel 321 a.C. gli uomini dell’esercito romano, sconfitti nella gola di Caudio, vicino all’odierna Benevento, subirono la mortificazione di dover passare disarmati sotto un giogo di lance, davanti ai vincitori. Ecco il racconto dello storico Livio (Storie, IX, 5): «E venne l’ora fatale dell’ignominia; (...) prima i consoli, quasi nudi, furono fatti passare sotto il giogo; poi gli altri in ordine e grado furono sottoposti alla stessa ignominia; infine ad una ad una tutte le legioni». Pena anche fisica. Oltreché morale, la pena fu pure fisica: infatti i Romani, consoli in testa, vennero sodomizzati. L’episodio sembra essere all’origine del modo di dire che associa la fortuna alle dimensioni del sedere: chi aveva un grosso ano soffriva meno la violenza dei Sanniti ed era perciò più fortunato degli altri. PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 670 PREVENZIONE E SALUTE PROTEZIONE SOLARE E TUMORI, CONSUMATORI CONFUSI NELLA SCELTA DELLE CREME PROTETTIVE Indagine dell'università di Chicago, svela che solo il 49% dei consumatori capisce le etichette dei prodotti solari. Fra Spf, UV-B, UV-A, ingredienti e molte altre diciture ecco una guida pratica per sceglierli al meglio e prevenire i tumori Le ETICHETTE dei prodotti solari confondono i consumatori. Lo dicono i medici della Northwestern University Feinberg school of medicine di Chicago, che hanno condotto una indagine su 114 partecipanti, uomini e donne visitati nella clinica dermatologica dell'università. "Solo il 43% dei consumatori capisce la definizione più comune, riportata sui flaconi dei solari, cioè l'Spf, che indica il livello di protezione dai raggi UV-B del sole, responsabili insieme agli UV-A di differenti tipi di tumori della pelle scatenati dal sole". "Nonostante i cambiamenti di legge voluti in questo settore negli anni per migliorare la comprensibilità degli schermi solari, le aziende dovrebbero impegnarsi di più a fare etichette più chiare possibili ai consumatori" sottolinea lo specialista. Se l'81,6% dei soggetti coinvolti nell'indagine aveva comprato uno schermo solare, soprattutto per proteggersi dalle scottature (75,4%) e dai tumori (65,8%), meno della metà aveva correttamente interpretato i termini impressi sulle etichette.  "Le radiazioni UV-A del sole si associano all'invecchiamento precoce della pelle,  quelle di tipo B alle scottature"  l'esposizione ad entrambi i tipi di raggi, UV-A e B, rappresenta un elevato fattore di rischio nello sviluppo dei tumori cutanei". Gli schermi solari non sono semplici belletti e le etichette possono dare indicazioni utili all'acquisto e all'uso corretto in spiaggia. Bisogna però saperle interpretare correttamente. "Anche da noi, in Europa, non è sempre facile comprendere le molte indicazioni sulle etichette, come:  Spf  anti UV-A  data di scadenza  elenco degli ingredienti  il tipo di resistenza dei prodotti ai bagni e al sudore". "Le etichette dei solari fabbricati in Europa hanno in via generale indicazioni comuni e non sono molto diverse da quelle delle altre categorie dei prodotti cosmetici. Contengono quindi la ragione sociale e l'indirizzo del responsabile di quel prodotto, generalmente il nome dell'azienda che lo commercializza, il numero di lotto per la tracciabilità, il contenuto, la funzione, la durata del prodotto e l'elenco degli ingredienti". I solari usati l'estate scorsa è meglio buttarli via. "Sulle etichette si può trovare:  il 'Period after opening (PaO)', un pittogramma che ritrae un barattolino con il tappo aperto. Si usa per i prodotti che durano più di 30 mesi, conservati chiusi, ed indica il periodo di validità del prodotto una volta aperto". Invece se la durata è inferiore ai 30 mesi è specificata la data di scadenza con la seguente dicitura: 'usare preferibilmente entro il' oppure, alle volte, si trova un altro pittogramma:  una clessidra metà aperta e accanto il mese e l'anno di durata. "Generalmente i solari, una volta aperti, hanno una durata di 12 mesi perché è opportuno conservarli in ottime condizioni, non contaminati come accade di frequente con la sabbia dell'estate precedente. Durante la stagione calda inoltre restano sotto il sole per ore ed è meglio eliminarli a fine anno". PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 670 Livello di protezione dai raggi. I solari riportano il grado di protezione ai raggi ultravioletti, sia di tipo B che A. Come sono indicati? Risponde Melato: "La Commissione europea raccomanda di:  non superare il valore di Spf 50+, per la schermatura dai raggi di tipo B. Ciò corrisponde ad una protezione molto alta e ad un valore misurato di Spf minimo di 60 o più alto. In realtà non è una disposizione obbligatoria per le imprese, non è una legge ma una indicazione di massima per le aziende produttrici". La commissione precisa anche che le diciture  'protezione bassa': valori 6-10  'protezione media': valori 15-20-25  'protezione alta’: valori 30- 50  ' protezione altissima’: valori 50+ La protezione totale non esiste . Sempre la Commissione europea ricorda che un solare non può garantire la protezione del 100% dai raggi dannosi e che è opportuno scegliere quelli dotati anche di protezione contro i raggi UV-A, da abbinare all'indicazione dell'Spf e che tale protezione debba essere pari almeno ad un terzo del livello di protezione contro i raggi di tipo B. "Ma la Commissione non indica come definire il tipo di protezione dai raggi anti UV -A"- afferma Melato "Le industrie europee generalmente usano un pittogramma 'UV-A' all'interno di un cerchietto ma alcune seguono altre indicazioni ed usano un sistema di rating con piccole stelline, metodo più usato nei paesi anglosassoni. 4 stelle corrispondono in genere alla massima protezione ed 1 stella invece ad una protezione moderata dagli UV-A". Quanti bagni si possono fare dopo avere spalmato la crema? Le diciture che indicano la resistenza del solare all'acqua sono di differenti tipi, anche qui ci si può confondere. Si va dal  'water-resistant'  al 'very-water resistant'  al 'waterproof'. "I prodotti non sono mai resistenti all'acqua al 100%" - precisa Melato, - "ma sono stati sottoposti a delle valutazioni di laboratorio. La dicitura 'water resistant' generalmente garantisce che il 95% dello schermo resta dopo una immersione in acqua di 20 minuti, se invece l'immersione è ripetuta 2 volte in laboratorio e la protezione resiste ancora per il 95% allora si definisce 'very-water resistant'. Si tratta però, ancora una volta, di scelte delle singole aziende. "E' anche una nostra raccomandazione, come associazione di imprese. Come suggerimento generale vale invece la regola di ripetere sempre l'applicazione dopo il bagno e non sfidare i raggi del sole, pagandone le conseguenze con scottature e fastidi" . Ingredienti e allergie. Cosa contengono i solari si legge sotto la voce 'ingredients' che contiene l'elenco degli ingredienti in ordine decrescente di peso. Il primo dell'elenco è quindi quello presente in concentrazione maggiore, l'ultimo in dosi minime. I filtri solari contenuti nell'elenco degli ingredienti sono sottoposti a limiti di legge e sono in tutto 26 in Europa. Capire quell'elenco non è facile ai più. "L'elenco degli ingredienti adotta un linguaggio, detto Inci, obiettivamente poco comprensibile, ma è molto utile se ci sono allergie e con l'aiuto del dermatologo è possibile scegliere i prodotti che non contengono una eventuale sostanza che irrita o provoca reazioni". (Salute, Repubblica) PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 670 Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli La Bacheca ORDINE : PROTEZIONE SOLARE E TUMORI, UNA GUIDA PER SCEGLIERE LE CREME PROTETTIVE L’ordine di Napoli ha organizzato una campagna di informazione sulla protezione dai raggi solari che possono danneggiare la pelle. Sono state stampate 1200 locandine che saranno distribuite nei prossimi giorni in tutte le 800 Farmacie di Napoli e Provincia. Con le giornate calde è bene scegliere un prodotto solare adeguato che protegga la pelle

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